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Regionali: analisi del voto

Finisce 11 a 2. In attesa che si voti anche in Basilicata, l'Unione vince dove governa e strappa alla Casa delle Libertà: il Piemonte, la Liguria, il Lazio, l'Abruzzo, la Calabria e la Puglia. Fin qui i fatti. Il centrosinistra vince, ma prima di avventurarci ad analizzare le possibili conseguenze di questa vittoria, occorre forse ricordare qualche dato.
Anzitutto l'affluenza, che è buona. Hanno votato 225.000 elettori in meno rispetto al 2000. La sconfitta della Cdl non appare dunque imputabile all'astensionismo. Per cercare di comprenderne le ragioni potrebbe rivelarsi un utile esercizio quello di confrontare i dati di queste elezioni con quelli delle Regionali del 2000.
A livello nazionale il centrosinistra passa dal 43,2% al 53% dei consensi, mentre la Cdl scivola dal 50,3% al 44,1%.
La stampa nazionale ha dato inevitabilmente grande risalto al passaggio all'Unione di tre regioni "incerte" come Piemonte, Lazio e Puglia. Scorrendo i dati elaborati dall'Istituto Cattaneo di Bologna tuttavia se ne nota uno di estremo interesse, forse non sufficientemente valorizzato nelle analisi del dopo elezioni: la Cdl registra la maggiore tenuta elettorale proprio nelle regioni che, passando per pochi voti al centrosinistra, hanno determinato la vittoria dell'Unione.
Più precisamente in Lombardia, additata come l'unico caso insieme al Veneto in cui il governo del centrodestra avrebbe incontrato il gradimento dell'elettorato, la Cdl raccoglie 775.000 voti in meno rispetto a cinque anni fa, a fronte di una perdita di "solo" 20.000 consensi nel Lazio (1,4%), di 45.000 in Puglia e di 120.000 in Piemonte. "Insomma" come spiegano all'Istituto Cattaneo "benché l'attenzione sia stata focalizzata sulle disfatte del centrodestra in Piemonte, Puglia e Lazio si tratta in realtà delle tre regioni dove la Cdl ha avuto le sue prestazioni migliori".
La sensazione, leggendo questi dati e la loro analisi, è che il voto negativo delle regionali per la Cdl non sia nato dallo scontento degli elettori per come sono state governate le singole regioni, ma esprima piuttosto un giudizio fortemente critico sull'operato dell'esecutivo nazionale.
Del resto questa interpretazione è la stessa di molti esponenti della maggioranza. Francesco Storace, commentando i risultati elettorali, ha parlato di "un'ecatombe in tutta Italia" e Gianfranco Fini, la sera della sconfitta a "Porta a porta", ha dichiarato:"Alla maggioranza che sostiene il governo è stato mandato un segnale chiaro, secondo me inequivocabile". Da qui le possibili previsioni su quello che accadrà nei prossimi mesi.

Il rischio, da molti paventato, è quello delle elezioni anticipate. Per la maggioranza la sconfitta è stata più dura del previsto e potrebbe non riuscire a dominarne gli effetti. Il ricorso alle urne se non altro porrebbe fine al passaggio, in atto in queste ore, di quadri e dirigenti dai partiti del centrodestra a quelli dell'Unione. Questa sarebbe l'ipotesi suggerita al premier da Fini e Follini. In questo caso ovviamente il candidato alla Presidenza del Consiglio non potrebbe essere altri che lo stesso Berlusconi.
Un'altra possibilità è che la maggioranza decida di portare a termine la legislatura, cercando di trovare un accordo al proprio interno sull'attuazione di politiche di governo in grado di farle recuperare almeno in parte il consenso del Paese. Questa ipotesi ne comprende al suo interno altre due: la prima è che sia ancora Berlusconi a guidare l'esecutivo e a candidarsi alle prossime elezioni, la seconda è che in quest'ultimo anno di mandato il governo venga affidato ad un uomo del dialogo come Gianni Letta o Pierferdinando Casini, con il compito di traghettare l'Italia fino alle elezioni, riducendo al minimo i toni dello scontro con l'opposizione e aprendo la strada ad un nuovo candidato premier che molti individuerebbero nel Presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo.
E' inutile sottolineare che quest'ultima ipotesi è la meno gradita all'attuale inquilino di Palazzo Chigi. La sua improvvisa partecipazione all'ultima puntata di "Ballarò" è stata interpretata da molti commentatori proprio come l'estremo tentativo del Cavaliere di ribadire, con un'inattesa mossa mediatica, la propria leadership all'interno del centrodestra, rilanciando la sfida con l'opposizione e sottraendosi al confronto interno alla Cdl sulle ragioni della sconfitta. Ma alle ovvie resistenze di Berlusconi si aggiungono gli interrogativi sulla realizzabilità di un disegno che, a pochi mesi dal voto, implicherebbe un profondo cambiamento della natura stessa della Casa delle libertà, pensata ad immagine e somiglianza dell'attuale premier. La Cdl ha perso alle ultime Regionali il 7%, esattamente come Forza Italia. Quando il partito del premier va male ne risente anche l'intera coalizione. E' immaginabile oggi la costruzione di un centrodestra privo della guida mediatica del Cavaliere e che passi attraverso un ridimensionando di Forza Italia, il partito che funge da collante tra le istanze neocentriste dell'Udc e quelle autonomiste della Lega, tra le spinte neoliberiste di alcuni settori della destra e l'attenzione al pubblico impiego di AN? I prossimi giorni ci forniranno la risposta e ci diranno qual è la strada che la Cdl deciderà di seguire.

E l'Unione di Prodi? La vittoria elettorale ha risolto molte delle difficoltà all'interno del centrosinistra. L'ipotesi delle primarie è stata definitivamente accantonata e la lista unitaria non è più fonte di contrasti. Tuttavia i motivi per tenere desta l'attenzione non mancano anche tra le forze dell'Unione.
In primo luogo l'eventualità delle elezioni anticipate rischia di sorprendere anche i partiti dell'opposizione. La portata della vittoria ha superato le attese del centrosinistra e nessuno aveva messo in preventivo la possibilità di una fine anticipata della legislatura. Il rischio sarebbe quello di ritrovarsi in piena campagna elettorale senza l'adeguata preparazione organizzativa e con un programma ancora da scrivere.
Questo ci porta ad un'ulteriore considerazione. Il centrosinistra ha guadagnato voti in tutta Italia. E' cresciuto di 275.000 consensi in Piemonte, di 130.000 in Calabria, di 200.000 in Puglia, di 320.000 in Lombardia e di 245.000 nel Lazio. Tuttavia il voto delle elezioni regionali, a detta dei principali commentatori politici, è stato un voto contro il governo. La preoccupazione dei partiti dell'Unione nei prossimi mesi dovrà essere quella di trasformare questo voto contro l'esecutivo in un voto a favore di un progetto politico. In altre parole si tratterà di costruire una solida base programmatica intorno alla quale raccogliere le forze di centrosinistra e il consenso della maggioranza dell'opinione pubblica.
C'è inoltre un terzo elemento di riflessione. In queste elezioni due milioni di voti sono passati da uno schieramento all'altro. Alle elezioni europee di appena un anno fa il centrosinistra ha raccolto circa 12.800.000 voti a fronte dei 14.500.000 di oggi. Esiste una parte di elettorato molto volubile, idealmente collocata al centro delle due coalizioni, che non si sente adeguatamente rappresentata da nessuna di esse e che può orientare il proprio consenso in modo difficilmente prevedibile. A questo deve aggiungersi che in un sistema bipolare come quello italiano, fortemente disarticolato e frammentario, vincere non sempre è sufficiente a garantire un'agevole governabilità. C'è quindi anche la necessità di conquistare una maggioranza numericamente ampia, per poter sopperire all'eterogeneità che caratterizza entrambi gli schieramenti.
Se l'Unione sarà chiamata dagli elettori a raccogliere l'eredità dell'attuale governo, dovrà essere nella condizione di adottare anche misure impopolari sul piano economico e finanziario e per farlo vincere di misura potrebbe non essere sufficiente.


Davide Pellegrini

 
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