A pochi mesi dalle elezioni l'Unione è alle prese con la sfida delle primarie, una competizione paradossale in cui i concorrenti ammettono di non voler perdere ma al tempo stesso di essere d'accordo nel preferire uno solo di loro, Romano Prodi, per la vittoria finale.
Nel frattempo la Casa delle Libertà non sembra essere da meno e, a pochi giorni dal varo di una quanto mai delicata manovra finanziaria, perde il suo Ministro dell'Economia, il dimissionario Domenico Siniscalco, e lo sostituisce col suo predecessore Giulio Tremonti, nominato su proposta del Vicepremier Gianfranco Fini che ne chiese l'allontanamento poco più di un anno fa.
Mentre maggioranza e opposizione sono alle prese con le loro beghe interne e non sembrano appassionarsi a nessun altro tema che non sia la legge elettorale o la questione della leadership dei rispettivi schieramenti, viene da chiedersi chi si stia occupando dei reali problemi del Paese, con un deficit che per il prossimo anno si annuncia intorno al 5% e il potere d'acquisto delle famiglie che continua a ridursi.
A nove mesi dal voto non pare dunque prematuro un bilancio di fine legislatura sull'attività legislativa svolta dal Parlamento e sulla sua rispondenza alle aspettative degli elettori. Si tratta beninteso non di una valutazione sulla qualità dei provvedimenti emanati, che richiederebbe un'analisi assai più approfondita e per di più soggetta alla parzialità delle idee politiche di ciascuno, ma di un semplice raffronto statistico tra i dati che riguardano l'attuale Parlamento e quelli relativi alla precedente legislatura. Veniamo dunque ai numeri.
Le leggi approvate dall'attuale Parlamento sono 550, oltre 350 in meno rispetto al precedente. Diminuiscono anche le votazioni e le ore di seduta: le prime scendono da 35.157 a 24.397 e le seconde passano da 4.213 a 3.629.
Occorre sottolineare che la riforma del titolo V della Costituzione ha trasferito agli enti locali molte delle competenze prima esclusive dello Stato e che il Parlamento ha a disposizione ancora alcuni mesi per elevare il livello della sua produttività legislativa. Tuttavia per arrivare alle 905 leggi approvate dai loro predecessori i parlamentari attualmente in carica dovrebbero procedere con un ritmo di 40 provvedimenti al mese, a fronte di una media di 11 leggi al mese, contro le 15 della legislatura precedente.
Naturalmente la quantità non sempre è indice di qualità. Tuttavia desta impressione il dato secondo cui la minore produttività delle Camere dipenderebbe da un aumentato tasso di conflittualità tra i poli. Nell'80% dei casi infatti le commissioni hanno lavorato in sede referente, trasmettendo cioè in aula i testi per l'approvazione finale, mentre solo il 19,8% delle leggi ha visto un iter in tempi ridotti, ottenendo il via libera direttamente in commissione. Nei cinque anni precedenti le percentuali furono rispettivamente del 66,3% e del 33,7%.
L'assenteismo nei banchi della maggioranza e lo scarso dialogo tra i poli completano il quadro. Il Governo è stato battuto alla Camera 90 volte, pur avendo circa cento deputati in più, mentre al Senato il numero legale è mancato in 764 occasioni.
Nell'ambito delle leggi approvate quattro su cinque nascono da un'iniziativa governativa, mentre solo il 18% deriva da proposte parlamentari. Ma si tratta di percentuali che riflettono la tendenza europea e quella italiana degli ultimi anni. Nella XIII legislatura infatti l'iniziativa governativa ha inciso per il 77% dei casi, nonostante nove proposte su dieci passate al vaglio delle Camere negli ultimi anni siano state formulate da parlamentari.
Il ricorso al voto di fiducia è simile nelle ultime due legislature. Il governo Berlusconi l'ha utilizzato in 30 occasioni (10 al Senato e 20 alla Camera), a fronte delle 32 blindature attuate dal centrosinistra.
Cresce in proporzione la decretazione d'urgenza: sono 188 i decreti leggi emanati finora (a fronte dei 204 della legislatura precedente). Di questi 182 sono diventati legge. Vuol dire che la conversione incide per il 33% sull'intera produzione normativa, contro il 19,23% della XIII legislatura, quando i decreti legge convertiti furono in totale 174.
In lieve flessione il numero delle ratifiche di accordi internazionali: sono state 162, contro le 286 del quinquennio 1996-2001.
Ci attende un anno di campagna elettorale, durante il quale è lecito dubitare che il Parlamento possa migliorare i dati meno incoraggianti tra quelli poc'anzi riportati.
L'auspicio è che nei prossimi mesi la scarsa collaborazione di un'intera legislatura possa lasciare spazio ad un confronto politico sereno, degno di un Paese moderno, e capace di salvaguardare il superiore interesse dei cittadini al quale, pur nell'asprezza della competizione elettorale, ogni forza politica dovrebbe anelare.
La Redazione
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