Tra le proteste dell'opposizione e della maggior parte del mondo accademico la maggioranza ha approvato la Riforma della scuola e dell'università proposta dal Ministro Moratti.
Il disegno di legge approvato segue a pochi anni di distanza la Riforma del 3+2 varata dall'allora Ministro Berlinguer e sembra essere accolta da analoghe critiche e inquietudini. Ma vediamo nel dettaglio che cosa cambierà nella scuola italiana.
I punti più importanti e maggiormente contestati della Riforma sono tre.
In primo luogo cambiano le modalità di reclutamento dei professori universitari.
Attualmente i concorsi sono banditi dalle Università. Il decreto introduce nuovamente una idoneità nazionale quale presupposto per la successiva chiamata dei docenti da parte delle università «sulla base di trasparenti procedure di valutazione comparativa». L'idoneità scientifica nazionale durerà quattro anni (ora le idoneità durano 5 anni). Sono previste riserve per i passaggi di carriera: il 15% di idoneità riservate ai ricercatori con almeno tre anni di insegnamento; il 25% per gli associati con Almeno 15 anni di insegnamento che vogliono diventare ordinari.
In secondo luogo nasce la figura del ricercatore a tempo. Attualmente il corpo docente è formato da professori di prima fascia (ordinari), di seconda fascia (associati) e dai ricercatori. Tutti ruoli a tempo indeterminato a cui si accede per concorso. A queste figure vanno aggiunti i cosiddetti ricercatori precari: chi fa il dottorato di ricerca, chi ha una borsa di post-dottorato, chi è contrattista o assegnista di ricerca. Il decreto introduce un nuovo tipo di ricercatore a tempo determinato, con contratti da 3+3 anni. Due le figure previste: una figura che si dedicherà primariamente alla ricerca (con stipendi commisurati a quelli del ricercatore confermato, compatibilmente con i bilanci delle singole università); un'altra figura che si dedicherà più all'attività didattica (con stipendi stabiliti dalle singole università). I ricercatori attuali, a tempo indeterminato, potranno passare nella fascia degli associati una volta ottenuta l'idoneità nazionale. Oppure verrà loro attribuito il titolo di professore aggregato, destinato anche a chi svolgerà corsi con contratti di insegnamento. I concorsi per la copertura dei posti di ricercatore universitario a tempo indeterminato potranno essere banditi fino al 30 settembre 2013. Sui bilanci delle università peseranno meno i passaggi di carriera (ricercatore-associato, associato-ordinario) rispetto alle nuove assunzioni di ricercatori.
Infine viene introdotta la figura del professore straordinario. Sarà possibile attivare posti di professore straordinario di durata temporanea, sulla base di convenzioni con imprese o enti esterni, a totale carico dei medesimi. Sono anche previste convenzioni di ricerca con imprese o enti esterni, che potranno prevedere compensi aggiuntivi a favore dei professori che vi partecipano. Negli atenei, con incarichi temporanei, potranno insegnare (sulla base di convenzioni) professori straordinari stipendiati interamente da imprese o enti esterni.
L'università inoltre, per chiamata diretta, potrà assegnare posti di ordinario e associato a studiosi stranieri o italiani che all'estero abbiano conseguito idoneità accademica di pari livello.
Nel complesso le buste paga per i professori saranno più ricche. Chi ad esempio partecipa a ricerche con imprese o enti esterni potrà percepire un compenso extra. E un «trattamento accessorio», in aggiunta alla retribuzione base, andrà a ordinari e associati se hanno compiti didattici, di ricerca o gestionali in più.
La Conferenza dei Rettori, presieduta dal Rettore dell'Università di Siena Piero Tosi, aveva già espresso dure critiche al Ddl Moratti.
Nel documento firmato all'unanimità dai 77 rettori si era infatti chiesto a tutti i parlamentari, soprattutto a quelli della commissione Cultura della Camera di "modificare integralmente il testo del decreto, che lede l'autonomia degli atenei sancita dalla Costituzione, e perché non risolve e non affronta il problema ufficiale della figura del ricercatore. I numerosi mutamenti introdotti nel testo originario - si legge nel documento - hanno soltanto ridotto gli aspetti più controproducenti senza modificarne l'impianto di fondo".
Il Ddl sullo stato giuridico, secondo la Conferenza dei Rettori, fa infatti ricadere sugli Atenei tutti gli oneri finanziari aggiuntivi, indispensabili per dare un seguito effettivo alle norme, come le integrazioni delle retribuzioni del personale docente e il finanziamento di un numero adeguato di posti di professore associato ed ordinario da bandire.
Per quanto riguarda la riforma della scuola, il 14 ottobre il Consiglio dei ministri ha varato gli ultimi due decreti attuativi del nuovo sistema scolastico - sul secondo ciclo di istruzione e l'introduzione di nuovi meccanismi per il reclutamento degli insegnanti - completando il cammino del provvedimento. Secondo il ministro, la riforma colma la "lacuna" che il sistema educativo italiano aveva rispetto agli altri Paesi europei, maggiormente integrati con il mondo del lavoro. Tra i punti più contestati dagli studenti, quello che prevede otto licei mentre la formazione professionale, affidata alle Regioni, viene divisa in quattro anni obbligatori e uno facoltativo per chi volesse proseguire gli studi. Il governo ha definito con le regioni un percorso per l'attuazione della riforma e le prime classi saranno avviate nel 2007.
La Redazione
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