menu
 
I nostri valori
 
Newsletter
 
archivio
 
Amministrazione
 
menu
Il Raggio
Valid HTML 4.01 Transitional
 
 
Notizie
Indietro
E se pareggiassero?

L'ipotesi più accreditata in questa tornata elettorale è quella di un finale al cardiopalma. Ma cosa accadrebbe in caso di pareggio? Oggi, a poche ore dai risultati del voto, entrambe le coalizioni scartano a priori la possibilità di una Grosse Koalition anche in Italia così come avvenuto in Germania. Qualche tempo fa Romano Prodi in una intervista radiofonica ha dichiarato senza mezzi termini: «O governano loro o governiamo loro» gli ha fatto eco Gianfranco Fini il quale -rispondendo a Francesco Verderami nel corso di un'intervista rilasciata al Corriere della Sera- ha dichiarato: «In un paese come la Germania credo fosse la soluzione inevitabile visto il risultato elettorale. E con Angela Merkel alla guida mi pare che stia funzionando. Ma non sono dello stesso avviso gli esponenti della SPD. Per l'Italia però quel modello è improponibile.» Ancora più perentorio è stato nel rispondere ad una domanda più esplicita di Verderami («considera improponibile il modello o piuttosto lo teme? »): «Sono certo della vittoria e non credo nel pari. Ma se dovesse realizzarsi dovremmo tornare a votare».
Queste dichiarazioni però non chiudono definitivamente la porta alla possibilità di una grande coalizione, ma attengono semmai più ad un strategia politica pre-elettorale. Infatti -come fa argutamente notare Sergio Romano sul Corriere della Sera (7 aprile 2006)- «I leader sanno che qualsiasi ipotesi di un governo congiunto, avanzata durante la campagna elettorale verrebbe interpretata come una implicita manifestazione di debolezza, e preferiscono dichiarare che il loro partito combatterà per vincere, non per pareggiare. Ma ogni leader dopo la conta dei voti, dovrà prendere atto della realtà [...] e, in caso di stallo, qualcuno come Fini oggi sosterrà che è meglio tornare alle urne. Ma la dissoluzione del Parlamento dipenderà dal Prossimo Presidente della Repubblica». Per tutte queste ragioni, conclude Sergio Romano, «non è escluso quindi che l'11 aprile, quando conosceremo i risultati, il tema della "Grande coalizione" ridivenga di attualità».
Del resto in questa campagna elettorale abbiamo assistito ad una radicalizzazione dello scontro in cui l'avversario va demonizzato a prescindere, senza alcuna obiettiva critica dei suoi programmi. I leader di entrambe le coalizioni appaiono sempre più incapaci di riconoscere, apprezzare ed eventualmente fare proprie o migliorare l'uno le valide proposte dell'altro. Ci sono ad esempio delle riforme ipotizzate o da uno schieramento o dall'altro la cui validità è talmente lampante (sviluppo dell'energia nucleare, introduzione di misure protezionistiche, revisione del trattato di Mastricht da un lato, ma anche riduzione del c.d. "cuneo fiscale", tassazione della speculazione, un rilancio in grande stile delle grandi opere pubbliche dall'altro) che andrebbero attuate quanto prima a prescindere dai particolarismi dei partiti e da chi sarà chiamato a guidare il paese. Va altresì sfatato anche il tabù dell'eventualità di maggioranze trasversali creato ad hoc dalle oligarchie finanziarie –presenti da sempre in ogni partito- che, bollandole come "consociativismo" o "inciucio", si avvantaggiano di fatto della politica del "divide et impera".
Sul finire degli anni '70, la crisi economica ed il terrorismo giustificarono la creazione di governi di larghe intese, di ampio consenso. Le grandi responsabilità delle difficili scelte cui erano chiamati gli uomini di governo di allora erano tali da richiedere il più ampio consenso possibile. Comunisti e cattolici avrebbero dovuto trovare un comune codice morale ed etico su cui porre le basi per la salvezza politica e sociale dell'Italia. Questa convergenza tra moralità cattolica e comunista nel nome di un bene politico superiore –che Moro pagò con la vita- sfociò nei c.d. governi di Solidarietà Nazionale ('76-'79). Questi governi (sebbene, una volta tolto di mezzo il loro grande "tessitore", si fossero discostati non poco dall'originario disegno moroteo, la c.d. "terza fase", concludendo rapidamente tale esperienza senza neppure realizzare le riforme più incisive che Moro propugnava) salvarono tuttavia il paese dal baratro. Il ripresentarsi, oggi come allora, di condizioni critiche (crisi economica e terrorismo stavolta di stampo internazionale) renderebbe –in caso di pareggio- non solo possibile, ma forse addirittura auspicabile, anche in Italia, la formazione di una "grande coalizione" di governo sul modello tedesco.


Andrea Riacà

 
menu
 
menu
» tutti gli articoli
 
link vari
 
Cerca con Google
Cerca con Google
Roma18.it