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Le priorità del prossimo governo

Prima dei mondiali di calcio, è sport diffuso fra di noi, eredi di Scipio, quello di immaginare come gestiremmo gli azzurri al posto del Coordinatore Tecnico pro tempore. Dopo le elezioni politiche, è sport ugualmente diffuso quello di giocare a fare il Presidente per un giorno. Nei giorni scorsi Eugenio Scalfari, su "Repubblica", ha presentato una sorta di agenda per l'ormai prossimo governo Prodi. Ergo, mi cimento anch'io. Donde traggo cotanta autorevolezza? La mia autorevolezza deriva dal fatto di non averne (rozza parafrasi del pensiero di un intellettuale la cui lungimirante saggezza è stata dimostrata dai tempi). Per il momento, per non annoiare troppo eventuali malcapitati lettori, mi limito alla politica estera e militare.

Politica estera, parte prima - Italia come ponte con l'Africa e con il Medio Oriente:
1) diventare interlocutori privilegiati nei rapporti con i paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente, presentandoci come autorevoli rappresentanti dei contemporanei valori Europei di Pace, Libertà, Democrazia, anteponendoli a qualsiasi bassa logica di difesa di interessi di "picciolo affare" quale qualche base ENI sparsa qua o là;
2) la diffusione di tali valori tramite il dialogo e il negoziato: direi che lo strumento prescelto per esportare la democrazia non possa ritenersi indifferente. Se è vero che il fine giustifica i mezzi, è anche vero che i mezzi non possono annullare il fine, contraddicendolo;
3) pressione per far chiudere i centri di permanenza libici, in quanto contrastanti con basilari principi umanità;


Politica estera, parte seconda – Europa unita:
1) essere promotori di una concreta rivoluzione nel processo di integrazione comunitaria. L'Italia l'ha già fatto nei primi anni cinquanta, si può ripetere. Tale rivoluzione deve consistere nel passaggio ad un'Unione politica, fondata su valori comuni, anche cedendo quote sostanziali di sovranità non semplicemente economica.
2) concreta valorizzazione dei valori aggreganti sopra citati, che segni il recupero di un umanesimo che sviluppi la solidarietà, il pluralismo, la laicità, la crescita dell'individuo e che permetta il superamento della pluto-cultura e della falsa tolleranza.

Politica militare - ripudio della guerra come strumento di regolazione delle controversie internazionali:
1) rimessa in discussione di tutti interventi militari "umanitari" di "peacekeeping" e così via finora realizzati, perché risultati fallaci, eccessivamente dispendiosi e inutili, valutandone legittimità internazionale, la coerenza con i nostri valori costituzionali nonché l'efficacia;
2) ritorno ad una politica diplomatica che preceda gli interventi armati e non li giustifichi ex post, con ossessiva, ostinata e lungimirante ricerca di un'unitaria posizione europea: in tale prospettiva, ogni isolazionismo non può che rendere inutile ogni sforzo;
3) attiva e concreta promozione di un esercito unico europeo che sia capace di intervenire per far fronte a vere crisi umanitarie in modo - non dico "umanitario", perché l'accostamento di tale aggettivo al sostantivo guerra produce un (spero) ossimoro insopportabile - ma almeno razionale e non inumano.


Roberto Savelli

 
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