"Finanziamento da 500 a 70.000 euro in sole 72 ore. Con noi puoi fare quello che vuoi: l'arredamento nuovo per la tua casa, lo scooter, un viaggio per te e per i tuoi cari. Ripagando in comode rate mensili, sudiate su misura per te. Sei tu a decidere l'importo e il numero delle rate. Hai idee per il futuro?"
Quella appena sopra può essere considerata una tipica formula di imbonimento pubblicitario nell'ambito di quello che è il mercato che maggiormente si è sviluppato negli ultimi anni.
Chi non ne ha una esperienza diretta non può negare d'aver notato l'incremento di questo tipo di offerte, se non altro dall'intasamento provocato nella propria buca della posta. Non parlo del fenomeno dei comuni mutui bancari, che sono finalizzati normalmente all'acquisto della prima casa e che diventano maggiormente appetibili in periodi caratterizzati da un basso costo del denaro, ma di quello dei prestiti personali, fino ad un massimo di ottantamila euro.
Andiamo ad analizzare lo script di cui sopra:
Per iniziare, il riferimento alla possibilità di decidere l'entità delle rate si spiega col fatto che, per una società finanziaria, tanto più piccole sono le rate, tanto più è il tempo di estinzione e quindi tanto maggiori sono gli interessi che devono essere pagati dal debitore.
Poi l'offerta fa riferimento al concetto di "idee per il futuro", quasi ad ammantare l'acquisto dei prodotti elencati di serietà e necessarietà nell'ambito di una realizzazione esistenziale. Ma quali sono i progetti a cui si fa riferimento? Un nuovo arredamento per la casa, uno scooter, una vacanza "per te e per i tuoi cari"... ma, perché no, anche un televisore, una telecamera, un telefonino.
Se è vero che nessuno può permettersi una considerazione di valore su ciò che è più meritevole di essere comprato a credito e ciò che non lo è, è altrettanto chiara la natura consumistica del messaggio. Infatti se, in una situazione di sviluppo economico e di aumento dei redditi, il fenomeno consumistico si innesta nella naturale dinamica dell'aumento dell'offerta conseguente all'aumento della domanda, è altresì vero che, in una situazione di crisi come quella che stiamo vivendo, con alti tassi di disoccupazione o di occupazione precaria e quindi di redditi bassi, dovrebbe esserci una contrazione dei consumi.
Ma non va propriamente così. Si pensi al meccanismo pubblicitario: la reclame presenta il prodotto, e ne induce il desiderio, che diventa maggiore quanto più è legato a fenomeni di emulazione (basti pensare a quel moderno status symbol che è il telefonino). Per appagare questo desiderio siamo spinti alla spesa. Nell'eventualità, sempre più probabile, che manchino i soldi, ecco che intervengono le società finanziarie che sopperiscono al basso reddito convincendoci che i nostri debiti potranno essere pagati dai nostri eredi. Rischiamo così di auto-condannarci ad una povertà perpetua.
Qui non si vuole negare l'importanza sociale del credito al consumo: il pagamento rateizzato è spesso l'unica possibilità che hanno le fasce più povere della società per accedere a certi beni e servizi. Ciò che preoccupa, e che è da biasimare, è il reiterato invito a desiderare prodotti ulteriori, non necessari o tipici di classi sociali agiate, inducendo così chi non se lo può permettere ad un impoverimento, che si colloca su una già difficile situazione economica.
Se è più che auspicabile un'estensione del benessere, ciò va perseguito con politiche volte ad una più equa distribuzione della ricchezza e non attraverso la spinta all'effimera imitazione di uno stile di vita (magari televisivamente indotto) al di sopra delle proprie possibilità.
Goran Andreević
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