LA STAMPA -
L'8 maggio 2005 sarà il sessantesimo anniversario della capitolazione della Germania di Hitler. E già in questo mese di marzo stanno uscendo due libri sugli ultimi mesi del Terzo Reich: Dossier Hitler di Henrik Eberle e Matthias Uhl (Gustav Lübbe Verlag, 672 pagine, 24,90 euro) e La bomba di Hitler di Rainer Karlsch (Deutsche Verlagsanstalt DVA München, 450 pagine, 24,90 euro).
Stalin era ossessionato dalla fine di Hitler. Non credeva al suicidio nel bunker, era convinto che il Führer si nascondesse da qualche parte. Per venirne a capo, diede ordine ai suoi servizi segreti di trovare qualcuno della cerchia degli intimi che fosse sopravvissuto alle ultime ore e potesse raccontare la verità.
Il colpo riuscì con Otto Günsche e Heinz Linge, due ufficiali delle SS che, dopo un periodo al fronte, erano stati richiamati a Berlino per diventare assistenti personali di Hitler. Entrambi, arrestati in quello stesso maggio 1945, restarono dieci anni nelle carceri sovietiche e solo nel 1955 poterono far ritorno in Germania, dove Günsche è morto nel 2003, Linge già 25 anni fa. La polizia segreta sovietica li interrogò tra il 1948 e il 1949 ottenendo quel quadro di vita di Hitler - gli ultimi mesi, ma anche anni più lontani - che Stalin desiderava avere. Per facilitargli la lettura, i verbali degli interrogatori vennero rielaborati in modo da diventare una sorta di biografia, che si legge come un romanzo.
Di questo dossier esistono due copie. Quella originale - con le note a margine di Stalin - si trova sotto chiave negli archivi presidenziali del Cremlino. Nikita Krusciov, però, nel 1959 ne fece fare una copia e la consegnò, sotto la sigla 462a, all'archivio del partito comunista sovietico. È qui che lo storico berlinese Uhl l'ha scovata e l'ha tradotta dal russo.
Linge era il maggiordomo di Hitler e in quanto tale ne conosceva i piatti preferiti, gli stati d'animo, le malattie. Günsche invece governava l'agenda politico-militare della giornata e presenziava alle discussioni quotidiane sulla situazione dai diversi fronti - briefing dei quali non sono rimasti i verbali. Ogni giorno i due ufficiali vedevano il Führer nelle sue vesti private e in quelle pubbliche. Sentivano quello che diceva dei visitatori, dei generali, dei vecchi compagni di strada. Nelle ultime settimane, chiusi anche loro nel bunker, videro come il Reich tedesco facesse rapidamente rotta verso la catastrofe.
Erano testimoni preziosissimi e i loro ricordi erano ancora freschi. L'ossessione di Stalin per la fine di Hitler era tale che li fece portare a Berlino per indicare il luogo dove - secondo le ultime volontà del Führer - avevano bruciato i corpi del dittatore e di Eva Braun. «Un testo biografico interessantissimo, emblematico tanto di Hitler quanto di Stalin», l'ha definito il direttore dell'Istituto tedesco di Storia Contemporanea, Horst Möller.
Con molto scetticismo è stato accolto invece il saggio di Rainer Karlsch, il cui assunto è che Hitler stava per arrivare primo nella corsa all'atomica. La Wunderwaffe, l'arma miracolosa con cui vincere la guerra, sarebbe stata in una fase molto più avanzata di quanto non si fosse pensato finora. Tra la fine del 1944 e l'inizio del 1945 - è la scoperta di Karlsch - sarebbero stati condotti in Turingia e nel Mare del Nord, sull'isola di Rügen, diversi test nucleari, nel corso dei quali sarebbero morti per le radiazioni centinaia di prigionieri di guerra, in gran parte soldati dell'Armata Rossa scelti come cavie. Karlsch, che lavora alla Humbold Universität, sostiene di aver avuto accesso a fonti finora inedite: testimoni e storici dilettanti della ex Ddr, nel cui territorio si trovano i presunti siti sperimentali, fotografie aeree, studi scientifici dell'epoca, diari degli scienziati coinvolti, piani di costruzione, rapporti dello spionaggio russo e americano, la bozza di una domanda di brevetto per una bomba al plutonio datata 1941, misurazioni di radioattività.
In un villaggio nei dintorni di Berlino - Gottow, 350 anime - ha trovato le tracce di quello che definisce «il primo reattore nucleare per l'arricchimento dell'uranio, tedesco e funzionante». Sono fondamenta in cemento, oggi ricoperte di sterpaglie, che non avrebbero grande valore se non fosse che negli anni 30-40 Gottow ospitava un «Centro sperimentale» - cinque fabbricati con laboratori, officine, uffici e centinaia di dipendenti - le cui attività erano coperte dal segreto di Stato. Era zona di massima sicurezza, alla quale nessun estraneo aveva accesso.
Il lavoro di Karlsch viene avvalorato dallo storico americano Mark Walzer, considerato il massimo studioso della bomba atomica tedesca. Che però ridimensiona la portata dell'arma: bomba nucleare sì, ma solo «sporca». Una piccola quantità di materiale nucleare avvolta da grande quantità di esplosivo. Quanto basta per aver contaminato il terreno. Ma non certo per un'esplosione come quella di Hiroshima.
Marina Verna
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