Già da qualche mese in cima alla classifiche di vendita dei libri di letteratura straniera, Angeli e Demoni è stato anche di recente più volte citato per via della pittoresca descrizione che dipinge delle procedure del Conclave; indubbiamente il professor Dan Brown è riuscito ad imporsi all'attenzione dei lettori e del loro immaginario.
Effettivamente non è facile dimenticare lo scenario apocalittico di fantapolitica ecclesiastica in cui si svolge, nel libro, l'elezione del nuovo Pontefice; va detto infatti che se Dan Brown è stato citato negli articoli di cronaca dei quotidiani, è stato soprattutto per sottolineare la differenza tra la realtà e gli eventi narrati nel libro.
Non che il realismo sia requisito indispensabile dell'arte; tuttavia la contaminazione tra tono realistico (a volte quasi didascalico) e materia fantasiosa, se non propriamente fantastica, può portare a discutibili trompe l'oeil, culturali per quanto riguarda il caso specifico di Dan Brown.
Ad un thriller come Angeli e Demoni (costruito appositamente sulla velocità dell'azione, sulla narrazione appositamente frammentata per creare la suspense) non si richiedono in fin dei conti dotte dissertazioni, né sull'antimateria né sul futuro della Chiesa; tuttavia anche un romanzo appartenente ad un genere tendenzialmente paraletterario dovrebbe forse porsi alcuni scrupoli riguardo all'onestà intellettuale delle proprie posizioni.
Non si può sicuramente imputare a Dan Brown una scarsa conoscenza delle fonti di arte figurativa in base alla quale costruisce l'intreccio, nella caratteristica forma di caccia al tesoro già nota al romanzo d'avventura; che il nostro autore si sia premurato di portare avanti un'indagine preventiva su artisti ed opere citate nel libro è indubbio.
Permane tuttavia dopo la lettura l'impressione di una certa superficialità delle vedute dell'autore, che sembra incartarsi su stereotipi nel dipingere i personaggi; del resto anche strutturalmente l'opera è rigidamente aderente agli schematismi del genere.
Possono inoltre indurre perplessità le modalità con cui l'occhio del professore del Nuovo Mondo si posa sull'arte, sulle tradizioni ed in fin dei conti su tutta la cultura della vecchia Europa; fatti e blande nozioni tendono ad assumere il colore dell'aneddoto, mentre sullo sfondo si percepisce, per quanto sottintesa, una certa paternalistica compiacenza del protagonista americano nei confronti dei cugini europei così squisitamente retrò, tanto retrò che il libro inizia con una lunga e stupita parentesi sul CERN, del quale il dottissimo protagonista Robert Langdon ignorava persino l'esistenza.
Eppure l'opera di Dan Brown piace, e questo perché le sue nozioni raffazzonate e sapientemente riorganizzate in interpretazioni esoteriche e misteriosi complotti riescono in qualche modo ad interpretare un sentimento comune.
L'uomo della società occidentale di oggi sa bene ormai che la realtà visibile, le informazioni che gli vengono quotidianamente proposte non sono che un tassello di un mosaico più grande che non gli è dato conoscere con immediatezza; l'aumentare dell'informazione non è un aumentare della Verità, bene da ricercare con sapienza e coraggio, come fanno appunto i personaggi di Dan Brown.
C'è da chiedersi se il successo delle avventure di Robert Langdon, l'assurdo professore dall'orologio di Topolino, non sia dopotutto sintomo di un risvegliarsi di uno spirito critico e di ricerca a lungo sopito.
Fabia Scali-Warner
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