New Orleans. «Se si gratta, e si legge bene Kerouac, sepolto sotto il mito si trova lo scrittore, un grande scrittore americano». Chi parla è Douglas Brinkley, il più recente biografo dell'autore di Sulla strada. Per anni, lo stile di vita di Kerouac è stato più importante del suo stile di scrittura. Vi ha formato sopra una patina. Si avvicina il cinquantenario dell'uscita di On the road (pubblicato nel 1957), e la stella dello scrittore torna a brillare. È in lavorazione il film di Walter Salles, tratto proprio da Sulla strada, che dovrebbe andare sugli schermi per le celebrazioni del 2007. E Brinkley sta terminando una nuova biografia, basata per la prima volta sullo studio approfondito delle carte di Kerouac alla New York Public Library, alle quali ha avuto accesso esclusivo fino al 2005. Nel frattempo, Brinkley, professore di storia alla Tulane University di New Orleans, ha curato Windblown world (Viking), una selezione dei diari inediti di Kerouac dal 1947 al 1954, gli anni in cui lavorava a The Town and the city, il primo romanzo, e a Sulla strada. E riempiva i suoi taccuini a spirale delle esperienze e visioni raccolte nei viaggi da una costa all'altra: usciranno in primavera in Italia per i tipi di Mondadori con il titolo Un mondo spazzato dal vento.
Ancora oggi, alcuni tratti dell'immagine di Kerouac rimangono sfocati. Ne abbiamo parlato con il biografo.
Professor Brinkley, lei ha potuto studiare i taccuini di appunti, le bozze, i diari dello scrittore. Ha parlato di un Kerouac «unplugged», senza amplificatore. Cosa intende?
«Nei diari ci sono le persone reali che diventeranno i personaggi della sua saga autobiografica: Neal Cassady, l'eroe americano per eccellenza secondo la visione di Kerouac - gli amici beatnik dicevano che prima del 21° compleanno aveva rubato 500 macchine; Lucien Carr, che gli presentò Allen Ginsberg - Carr andò in prigione per avere ucciso con una coltellata un omosessuale che lo tormentava con avance continue, e Jack fu trattenuto come testimone; e poi, naturalmente, Allen Ginsberg, William Burroughs, ma anche le comparse del circolo beat, come Bill Cannastra, che dava party folli nel suo loft e morì decapitato per aver sporto la testa dal finestrino della metropolitana. O come Vicki Russell, che riforniva di droga il gruppo, una rossa alta, sempre avvolta nel fumo della marijuana. Ci sono i tentativi di sperimentazione linguistica di Kerouac, la fatica delle parole, con la conta giornaliera, come si vede bene nei diari che compilava negli anni di On the road. Kerouac tracciava perfino delle medie, a cui attenersi».
Viene sfatata la leggenda secondo cui Kerouac avrebbe scritto il suo capolavoro di getto, in tre settimane, in una stanza di Chelsea, sintonizzato su una stazione che trasmetteva jazz non stop, per non farsi distrarre.
«Quella fu solo la stesura definitiva. Gli archivi di Kerouac alla New York Public Library raccontano una storia differente. Il rotolo battuto a macchina tra il 2 e il 22 aprile 1951 non era il prodotto di un incendio creativo, come l'improvvisazione di un sassofonista jazz in club di Harlem, a cui Kerouac amava paragonarla. Piuttosto era il risultato di anni di appunti, di lavoro sui personaggi, di rifinitura dello stile che ritroviamo in quelli che lui chiamava i suoi "taccuini segreti". In questi ci sono perfino intere porzioni di dialogo».
Quale lato nascosto di Kerouac è uscito dal suo studio negli archivi?
«La difficoltà dello scrittore di gestire la celebrità. Si vede già nei diari di Windblown world. E diventa evidente nei taccuini degli anni 60. Questa incapacità di trattare con la fama lo porterà alle bevute massacranti, all'autodistruzione finale».
È vero che negli ultimi anni era ossessionato dal sospetto di essere seguito dalla Cia e dai federali?
«Era una sua paranoia. Nella seconda metà degli anni 60, Kerouac non era una figura eminente del movimento radicale. Aveva appoggiato la guerra in Vietnam e condannato gli hippies. Era alcolizzato, pieno di debiti. Non si capisce perché avrebbero dovuto pedinarlo. Piuttosto, sorvegliavano Ginsberg, sul quale i federali avevano un dossier voluminoso. Kerouac potrebbe aver incrociato l'attenzione della Cia solo nel 1960, quando inviò una lettera a Timothy Leary, una relazione sugli effetti dei funghi allucinogeni».
Verso la fine, i suoi rapporti con gli amici si guastarono. Eppure una pagina di diario dell'ottobre '49 è un omaggio struggente agli amici più stretti: Cassady, Ginsberg, Carr.
«Il rapporto di Kerouac con loro fu sempre molto forte. Solo che negli anni disperati e ubriachi Kerouac poteva dire delle cose terribili sotto l'effetto dell'alcol. Poi nei diari degli anni 60 scriveva il suo odio e il suo disgusto per sé stesso. Non era facile stargli vicino».
Come emerge Kerouac dallo studio delle carte appena esplorate?
«Per Kerouac la scrittura era la cosa più importante. La sua ricerca letteraria ha avuto diverse influenze religiose, il misticismo cattolico come il buddismo zen. Si sa che voleva comporre il suo ciclo di romanzi, La Leggenda di Duluoz sull'esempio della Recherche di Proust. Meno noto è lo studio attento di Shakespeare e di Melville, i suoi veri modelli. Scrivere per lui era un modo di assaggiare la vita, di renderla epica. E santa».
«Sulla strada», incontro con Dante
di Jack Kerouac
Da Windblown world, la selezione di diari inediti di Kerouac curata da Douglas Brinkley, pubblichiamo un estratto relativo al settembre del 1949.
Martedì 6. Ho cercato di andare avanti con Hip generation l'altra notte, ma in realtà ho solo oziato, come al solito. Questo è il nuovo titolo per On the Road e, al riguardo, ho cambiato anche alcune idee. Non ho mai lavorato sul serio dal maggio 1948. Ho dimenticato come si lavora? È tempo di riprendere. Ho l'autunno e l'inverno, sette mesi, e se posso scrivere a una media di 25.000 \ al mese come ero solito, avrò finito il mio romanzo di 200.000 parole per aprile. \
Proprio ora mentre scrivo sono molto felice e non ho un pensiero in testa. L'arte è infelicità (?) Spreco, spreco. - Sto leggendo La vita nuova \.
Mercoledì 21. Dopo un po' di lavoro in ufficio, Bob \ e io abbiamo messo i nostri tuxedo a siamo andati ai Balletti Russi al Met. \ Abbiamo speso 55 dollari solo per i drink e la cena al Blue Angel. Ho puntato una piccola francese e mi sono messo d'accordo per vederci da soli. Si chiama Berthy - davvero grande. Ma questa sera ho imparato che devo cambiare - essere tanto «richiesto» in società rende impossibile accettare tutti gli inviti a pranzo, e ugualmente impossibile comunicare davvero con tutti, perfino essere d'accordo con tutti, come ho cercato di fare con pura gioia. Ora devo cominciare a selezionare. Non è spaventoso? Ma è una cosa che devo affrontare.
Fabio Sindici
La Stampa
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