Cinema: A bittersweet life -
La Corea del Sud, negli ultimi anni, si sta imponendo agli occhi degli appassionati di tutto il mondo per il suo modo di interpretare il cinema: immagini bellissime, grande competenza tecnica e ottima regia, senza dimenticare le storie che racconta, avvincenti e ben costruite.
Il caso di "Bittersweet Life", di Kim Jee-woon, non fa eccezione: un noir interessantissimo che sfocia nel gangster-movie (il climax finale è una citazione di "Scarface" di De Palma), mescolando i canoni tipici del genere con le caratteristiche specifiche del cinema coreano: immagini violente molto esplicite, umorismo a tratti grottesco e l'ennesima variazione sul tema della vendetta, ormai un argomento cult in patria, visto il grande successo ottenuto dalla trilogia di Park Chan-wook ("Mr. Vendetta", "Old Boy" e "Lady Vendetta").
A Sunwoo (Lee Byung-hun), direttore di un hotel di lusso e braccio destro di un boss della mafia locale, viene affidato il compito di tenere d'occhio la donna del capo, sospettata di avere una relazione clandestina, e di ucciderla nel caso in cui l'accusa di tradimento si dovesse rivelare fondata. Sunwoo coglie in flagrante la ragazza, ma essendone innamorato, decide di non raccontare niente al suo capo per proteggerla. Il boss ovviamente scoprirà tutto, e cercherà di far pagare al suo sottoposto la mancanza di rispetto, alleandosi con un'altra gang locale per riuscire a rintracciarlo. Sunwoo viene trovato, torturato e quasi ucciso, ma riuscirà a fuggire, giurando vendetta contro coloro che gli si sono messi contro. Da qui alla fine sarà un vortice di violenza, di immagini sempre più forti fino alla splendida scena conclusiva, che ribalta il punto di vista del film, offrendoci un finale del tutto inaspettato e originale (che potrebbe far anche storcere il naso a qualcuno, ma indubbiamente di grande efficacia narrativa).
Una pellicola aperta e chiusa da due brevi perle zen, che alla fine si riveleranno i due punti chiave di questo piccolo gioiello, presentato fuori concorso al Festival di Cannes dello scorso anno.
Kim Jee-woon si rivela un'altra freccia nell'arco della cinematografia coreana, la cui faretra è ricca di registi importanti che stanno portando il cinema del loro Paese a livelli altissimi, riuscendo allo stesso tempo a spaziare su vari generi, dal drammatico al noir, fino all'horror. Aspettiamoci grandi cose.
Alessio Trerotoli
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