Riforma elettorale - Ritorno al passato. Dopo dodici anni e due mesi di maggioritario, la scorsa settimana la Camera ha dato il via libera alla nuova legge elettorale proporzionale. Archiviato il Mattarellum, la "palla" passa ora al Senato. La riforma, imposta dalla maggioranza tra le proteste dell'opposizione, trasforma radicalmente il volto del sistema politico: i partiti ritornano padroni della scena, i collegi uninominali scompaiono.
Al centro del nuovo testo, le liste bloccate (senza preferenze), il triplo sbarramento e il premio di maggioranza. Nulla di fatto, invece, per le "quote rosa". Cancellati i collegi uninominali, con cui venivano finora eletti i tre quarti dei deputati, alla Camera i seggi vengono assegnati con il sistema proporzionale. Con due "correttivi", però. Primo, il premio di maggioranza, che garantisce alla coalizione vincente il raggiungimento di 340 seggi, mentre all'opposizione ne restano 277 (ci sono infatti da conteggiare i 12 seggi della circoscrizione esteri).
Secondo, le soglie di sbarramento: 10% per le coalizioni, 4% per i partiti non coalizzati e 2% per quelli coalizzati. Al riparto dei seggi partecipa anche la lista che ha ottenuto il miglior risultato, pur non superando il 2%. I candidati sono poi presentati in liste bloccate, sulla base delle circoscrizioni.
Diverso il sistema al Senato. Qui il premio di maggioranza si calcola su base regionale. La coalizione che ha più voti in ogni singola regione incassa almeno il 55% dei seggi. In questo modo il premio può andare in una regione alla Cdl e in un'altra regione all'Unione. Non solo. Diverse anche le soglie di sbarramento: 20% per le coalizioni, 8% per i partiti che corrono da soli, 3% per quelli coalizzati.
Dopo le obiezioni avanzate dal Quirinale sulla designazione diretta del premier, il nuovo testo prevede che ciascuna coalizione deve presentare il suo programma elettorale e dichiarare il nome e il cognome della persona indicata come "unico capo della coalizione". Resta una sostanziale indicazione del premier, insomma, ma si specifica che rimangono "ferme le prerogative spettanti al presidente della Repubblica previste dall'articolo 92 della Costituzione", riguardo alla nomina del presidente del Consiglio.
I partiti o i gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in entrambe le Camere dall'inizio della legislatura o che abbiano almeno un seggio nel Parlamento europeo non dovranno raccogliere le firme per la presentazione delle liste elettorali. Lo stesso vale per le forze rappresentative di minoranze linguistiche, che abbiano conseguito almeno un seggio in occasione delle ultime elezioni per la Camera o il Senato. Le minoranze linguistiche, coalizzate o non coalizzate, vengono tutelate. Nelle regioni a statuto speciale potranno infatti accedere al riparto dei seggi superando la soglia del 20%. Nella nuova legge invece non c'è garanzia di una maggiore rappresentanza femminile. E' stata bocciata, infatti, la norma che prevedeva l'obbligo di candidare una donna ogni tre uomini e che introduceva delle sanzioni per i partiti che non rispettavano tale rapporto.
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